martedì 29 settembre 2009

SI DEVE ANDARE IN SCENA!

- Marie soffoco! –

- Ordini di Bordenave – replicò Marie stringendo ancor più il corpetto. Vesilia si volse verso lo specchio. Notò che un forte rossore si era impadronito del suo viso, come era accaduto in un’altra occasione solamente. Già, quella volta che…

Timidamente guardava le scale che l’avrebbero portata nell’ultima fila dei palchi dell’Ópéra.

Aveva appena sfiorato i primi gradini col suo passo grazioso e svelto, quando sentì qualcosa trattenerla per la gonna. Si girò di scatto impaurita, ma i suoi timori svanirono allorché incontrò un candido sorriso.

- Una bellezza come la vostra non può gustare l’opera da così lontano –

L’uomo prese la mano che Vesilia aveva appoggiato sul cuore sussultante e la condusse lentamente verso le sue labbra. Si inchinò leggermente e disse:

- Marchese Gouròn de Got. Sarei lieto di avervi come mia ospite –

Vesilia, divenuta un tutt’uno col marmo del gradino su cui poggiava, non riuscì a rispondere. Il marchese, non volendo turbare eccessivamente la ragazza, si inchinò nuovamente per congedarsi. Fu allora che Vesilia ritrovò la sua voce:

- Aspettate –

Distolse la mente dal ricordo quando i suoi occhi si tuffarono dallo specchio in quelli di Marie:

- Ti prego – insistette Vesilia sottovoce – vedi che non riesco a parlare, figurati se posso recitare. Il pubblicò pazienterà. Non moriranno se per una sera non vedranno i miei seni – affermò decisa.

Marie con un sospiro spazientito l’accontentò.

- Non preoccuparti, nessuno ti licenzierà per questo –

- Lo spero davvero –

Bussarono alla porta:

- Tra venti minuti in scena! –

Entrambe sussultarono. Marie si precipitò fuori dal camerino urlando che ancora doveva vestire due ragazze, ma cento mani invisibili le bloccarono l’uscita e lei si fermò. Vesilia fu scossa da un brivido. Marie si voltò lentamente, soppesando le parole che stava per riferire alla sua piccola attrice:

- Mi è giunta voce della morte di Nanà, volevo sapere come stavi –

Vesilia non seppe cosa rispondere, non si era mai soffermata a riflettere su quell’oscuro avvenimento, non voleva affrontarlo:

- Non saprei dirtelo Marie. È come se avessi sempre saputo come sarebbe andata a finire –

- Mi sei mancata questi tre mesi Vesilia – cambiò discorso Marie

- Grazie Marie, ora però sono tornata –

La ragazza si sedette sullo sgabello e iniziò a truccarsi. Aprì il portacipria e tamponò la polvere rosata sulle gote. Il camerino non era ben illuminato, dalle pareti sudice l’umidità le azzannava le spalle nude. Vesilia, però, non faceva caso a quella topaia. Nel silenzio di quella stanza ella udiva un'altra musica, lontana...


Il marchese la fece entrare nel suo palco. Vesilia tenendo tra le dita i lembi della povera gonna si inchinò presentandosi. De Got le alzò il viso con un dito e la scrutò a lungo, immobile. La ragazza non aveva il coraggio di abbandonare quella posa, non voleva recar offesa al gentiluomo, ma sentì il viso diventar fuoco mentre quei due smeraldi erano poggiati su di lei. Il marchese finalmente tolse l’indice da sotto il mento di Vesilia e la invitò ad accomodarsi.

Quando il buio inondò la platea De Got le si avvicinò sussurrandole dietro l’orecchio:

- Dal vostro accento direi che non siete di queste terre –

Vesilia lottò per placare i brividi sul collo

- No, sono italiana –

L’ Ouverture coprì le loro parole

- Ah!qui a Parigi ci si diletta solo col tedesco e con l'inglese! Allora potreste tradurmi quel che mi sfugge... –

- È la prima volta che assistete a La Traviata? – chiese sorpresa Vesilia

- Ah, mia cara… – ed ella si sentì molto sciocca per aver posto una simile domanda a un

Marchese

La nuvola sognante si dissolse quando bussarono nuovamente :

- Tra quindici minuti in scena! – E Vesilia ancora teneva il piumino in mano avvolta dalle note

di Giuseppe Verdi. Una lacrima le rigò una guancia ma prontamente il trucco cancellò ogni emozione

- Bambolina ci sei? –

- Entra pure Bordenave – disse sarcastica Vesilia

- Ancora così? Vesille sbrigati- amava pronunciare quel nome alla francese - non puoi far attendere il tuo pubblico, gli ammiratori si stanno per gettare dai palchetti, tutti ti aspettano con ansia, è il tuo grande ritorno! –

- Lo so, lo so – volle zittirlo Vesilia, ma non poteva di certo placare l’impetuoso, logorroico Bordenave

- Un conte mi ha offerto…volevo dire, ti offrirebbe una cifra esorbitante se tu volessi allietarlo col tuo canto dopo lo spettacolo –

- Non canto già abbastanza sul palco? –

- Vesille! –

- No Bordenave, i patti erano chiari, sarò la tua prima donna, ti riempirò i teatri, il pubblico andrà in visibilio, ma non pretendere altro. E ora lasciami preparare –

Lo invitò con un gesto ad uscire e vide il viso del produttore rabbuiarsi. Bordenave era consapevole che Vesilia andava accontentata, era l’unica che in quel periodo riusciva a scatenare una calca di gentiluomini fuori al Variétés. Sforzandosi di non replicare, si avviò verso l’uscio:

- Penso che tu abbia saputo di Nanà. La mia piccola Nanà – pronunciò tristemente Bordenave e Vesilia si pentì di essere stata severa con lui.

- Sì, purtroppo- sospirò aggiungendo - capisci perché non voglio più avere a che fare con conti marchesi o principi. La mia vita è del teatro, non del primo portafogli che viene ad ammirarmi–

Bordenave la lasciò.

Vesilia si alzò dallo sgabello per andare a chiudere la porta ma si bloccò lì, con la mano stretta intorno alla maniglia. Appoggiò la fronte a quel freddo legno e scivolò a terra. Giaceva rannicchiata, tenendo il braccio levato per reggersi alla maniglia d’ottone, come se quella presa fosse l’unico filo che la collegasse alla realtà

- Violetta adesso finge di non amarlo più; ella preferisce salvare Alfredo dai pregiudizi dell’aristocrazia parigina piuttosto che essere felice insieme a lui tutta la vita –

- E come fa una ragazza come te a intendersi di lirica?- chiese con fare provocatorio il

Marchese De Got

- Mio padre faceva il macchinista alla Fenice di Venezia e riuscivo sempre ad intrufolarmi dietro le quinte o in piccionaia. Ho sempre amato l’Opera, sin da bambina –

- Ossia adesso – rise il marchese

- Che ne sapete voi della mia età?- chiese con un candido sorriso

- Me lo dice l’ingenuità che alberga tra le vostre palpebre

- Uh! – esclamò Vesilia, fingendo di non aver sentito la risposta. Gli occhi erano rapiti dalle luci del palcoscenico – Alfredo ha letto la lettera…ma ormai è tardi, Violetta sta per morire -

- Questa storia mi lascia continuamente perplesso. Nessun uomo di rispetto rinuncerebbe alla dignità e al patrimonio pur di avervi… scusate- disse De Got lasciando intendere che non aveva affatto sbagliato - volevo dire, pur di avere Violetta -

Vesilia incrociò il suo sguardo. Si sentiva senza forze, De Got era così irritante e anche tanto attraente allo stesso tempo. Vesilia non sapeva se dargli uno schiaffo o farsi baciare. In cuor suo sapeva che se egli avesse provato ad avvicinarsi con quelle labbra color cremisi lei non avrebbe potuto resistere, anzi quasi sperava…


- Tra dieci minuti in scena! – tuonò la solita voce accompagnata dal suono delle nocche sul legno della porta

Satin provò ad entrare nel camerino di Vesilia ma trovò un ostacolo

- Vesilia, stai bene? – riuscì ad aprire di poco la porta tanto da poter guardare nella stanza - Perché stai sul pavimento? Vesilia! –

Vesilia aprì gli occhi e guardò in su, verso Satin. Si rialzò e la lasciò entrare.

- Ancora non mi sono ripresa – rispose debolmente

- Bordenave capirà, anche lui è distrutto ma non possiamo iniziare più tardi –

- Ah, quella bestia mi farebbe andare in scena a tutte le ore. Infondo non lo sa –

- Certo che lo sa di Nanà…sei impazzita? –

- No, non parlavo di Nanà ma della…- e indugiò per un istante finchè Satin intervenne

- Pardon…non avevo capito -

- Solo a te Satin, neanche a Marie ho avuto il coraggio di dirlo –

- Sono l’unica a saperlo? Non immaginavo che ti fidassi così tanto di me –

- Beh, avevo scritto una lettera a Nanà per darle la notizia, ma, come sai, non mi ha risposto –

- Beata te che sai scrivere – scherzò Satin ma si accorse di non esser stata opportuna. Cercò di riprendersi – a proposito del nostro segreto… di lui hai notizie? Qualcuno gli avrà detto che sei tornata alla ribalta –

- Satin preferirei non rivederlo. Capirebbe la farsa e ciò non deve assolutamente accadere. Non ho alternativa, devo recitare sopra e sotto il palco –

- Sei folle Vesilia, Gouròn avrebbe fatto qualsiasi cosa per te! –

- Ah! Sognatrice! Dopo due anni di appuntamenti furtivi ho iniziato a capire qual era la realtà. Un’amante, solo quello sarei stata per lui...era così evidente, ma non riuscivo a rassegnarmi all’idea, ero sicura che tutto sarebbe cambiato, che il nostro amore sarebbe potuto uscire alla luce del sole…invece capii che non ci saremmo mai sposati e che io mi sarei trovata sola, senza soldi e con una… -

Bussarono alla porta.

- Tra cinque minuti in scena! – tuonò la voce ancor più vigorosa fuori la porta.

Marie fece capolino.

- Lo sappiamo, è ora – dissero le due ragazze in coro anticipando Marie,ma la costumista continuò:

- Veramente, Vesilia, c’è qualcuno per te, vieni con me Satin, hai l’acconciatura messa male –

- Chi è ? – chiese invano Vesilia mentre Satin usciva. Improvvisamente ricordò che doveva

finire di truccarsi, era tardissimo. Non fece in tempo a colorar le guance che qualcuno entrò. Vesilia vide il riflesso della persona dietro le sue spalle e quasi svenne. Gouròn corse verso di lei per sorreggerla.

- Ti faccio questo effetto? sono tre mesi che fuggi i miei appuntamenti. Perché Vesilia? –

- Ora no, ti prego, no. Non mi sento bene e devo andare in scena –

- Voglio solo sapere la verità – affermò freddamente

- Te l’ho detta –

- Ma per favore! Bordenave è venuto a trovarmi. È stato lui ad annunciarmi che stasera ti avrei trovata qui, come se i cartelloni già non l’avessero proclamato abbastanza. Ora posso parlarti di persona –

- Certo, parlarmi, ma sempre in luoghi nascosti, ove nessuno possa vederci – replicò amaramente

- Non ricominciare Vesilia! –

- Perfetto. Se qualcosa non riinizia vuol dire che è finita. Basta. Vattene da qui –

- No – urlò lui e lei gli tappò la bocca con la minuta mano.

- Bordenave mi ha portato una lettera, il giorno che è venuto nella mia residenza, una lettera di Satin. I toni erano molto preoccupati e alla fine c’era scritto che l’unico modo per risolvere questa situazione era che tu mi confessassi qualcosa. È vero Vesilia? Devi dirmi qualcosa che non so?

“Menomale che era un segreto” pensò Vesilia mentre Gouròn de Got continuava:

- Una cosa che sa lei e forse qualcun altro soltanto, ha detto che ho il diritto di sapere…ma

non ha voluto anticiparmi nulla, devo sentirlo da te. Avanti, sono qui, e forse è l’ultima

occasione che hai di vedermi – e quella frase congelò la sua voce.

Vesilia fu assalita da una domanda atroce. Non capiva se era una minaccia o se anche lui nascondesse davvero qualcosa.

- Ad agosto mi sposo, vado a vivere a Marsiglia - disse il marchese Gouròn De Got con lo stesso tono tranquillo di chi annuncia l’acquisto di due nuovi cavalli per la tenuta in campagna

- Ah – fece Vesilia con un filo di voce e lo sguardo fisso sul pavimento. Poi non resistette

oltre e lo strinse a sé. Lui la scostò:

- Avanti, voglio sapere questo stupido segreto e poi prometto che sparisco per sempre, così sarai contenta, è questo ciò che vuoi, altrimenti non saresti sparita per tre mesi –

- Come ti sbagli Gouròn. Non sarò affatto felice senza di te, ma se avessi lasciato questa storia andare avanti, ah! Allora sì che avrei sofferto –

- IN SCENA, IN SCENA – Quasi venne distrutta la porta del camerino. Vesilia guardò il pendolo.

- Non vai via da qui finchè non mi confessi tutto – la minacciò de Got

- Ti prego vediamoci dopo lo spettacolo! –

- No! – esclamò sbraitando – ora! –

Vesilia si fece coraggio e parlò tutto d’un fiato:

- Aspettavo una bambina, ed era sicuramente tua, vorrei sottolinearlo prima che tu possa farmi una stupida domanda- inspirò forte perché sentiva mancare l’aria – ed ho abortito. Nanà un giorno mi raccontò di averlo fatto. Così sono andata in quella… casa…a Montmartre – prese una pausa

- Lo so che potevo morire, che era pericoloso, ma avevo più paura di ritrovarmi sola, senza soldi, a dormire per strada, senza poter lavorare a teatro, con una bimba da accudire. Nessuno mi avrebbe voluto in questa città spietata – aspettò un secondo e lo disse – Neanche tu –

Gouròn sedette sulla cassapanca, appoggiò la fronte sui palmi delle mani. Vesilia si alzò e accarezzò i suoi capelli neri, perdendo di vista le dita nella folta chioma. Gouròn si riprese subito da quel momento di debolezza, prese dalla tasca un piccolo libro di poesie che Vesilia le aveva regalato due anni prima

- Grazie ma non mi interessa più imparare l’italiano – e lo mise nelle mani minuscole di Vesilia. Pronunciò quelle parole senza alcun sentimento, impassibile. Indossò il cilindro e la lasciò con un secco addio, senza richiudere la porta aperta. Vesilia era pietrificata, non riusciva a vedere i contorni di quell’addio a causa delle lacrime. Dopo un istante eterno scacciò via l'umido dagli occhi e dalle guance: la folla dalla platea stava gridando entusiasta il suo nome. Doveva andare in scena.

Il giorno delle nozze al marchese arrivò un inaspettato regalo. Lo aprì nella sua stanza mentre finivano di vestirlo per la cerimonia. Era accompagnato da un biglietto:

vai a pagina XXVII.

Null’altro.

Era un libricino di poesie di Pascoli a lui noto. Andò alla pagina indicata con una frenetica calma. La parte superiore della pagina era stata strappata. Lesse solo gli ultimi quattro versi rimasti, in italiano:

Il vento soffia e nevica la frasca,

e tu non torni ancora al tuo paese!

Quando partisti, come son rimasta!

Come l’aratro in mezzo al maggese.


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